giovedì 25 settembre 2014

Docufilm - "Io sto con la sposa" di Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry

Un documentario ma, prima ancora, un atto di disobbedienza civile. Questo è Io sto con la sposa, il film approdato alla 71a Mostra del Cinema di Venezia, fuori concorso nella sezione Orizzonti, e prodotto grazie a un crowdfunding di entità unica in Italia.

A realizzarlo è stato un trio motivatissimo: Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry. Filmmaker il primo; giornalista free lance il secondo; poeta, grafico e critico letterario di origine siriano-palestinese il terzo, residente a Milano dal 2009.

Permettetemi qualche parola in più sul giovanissimo Gabriele Del Grande, che nel 2006 ha fondato l'osservatorio Fortress Europe, a cui è seguita la creazione dell'omonimo interessantissimo blog che dà notizia in tempo reale, giorno per giorno, dei decessi di coloro che hanno tentato di entrare nella "Fortezza Europa" e nel Maghreb dal 1998. Vi troverete anche informazioni sulle molteplici attività di un giornalista indipendente che ha vissuto i conflitti in Libia e Siria; che ha scritto libri frutto delle sue ricerche e dei suoi incontri; che ha, alla fine, deciso di prendere una posizione in merito alla condizione degli uomini, delle donne e dei bambini in fuga da Paesi in guerra e in cerca di asilo politico. In Italia, se ci arrivano, vengono radunati in centri nemmeno più chiamati "di accoglienza". La validità del loro passaporto non è riconosciuta dalle ambasciate europee. Per proseguire il loro viaggio, si trovano costretti a ricadere nelle mani dei contrabbandieri libici ed egiziani già generosamente pagati perché li trasbordassero sulle coste settentrionali del “mare solo nostrum”. Lo impongono le leggi. «A meno che a quelle leggi qualcuno non decida di disobbedire. Noi l'abbiamo fatto», dichiarano i tre autori a esordio di Io sto con la sposa.

mercoledì 17 settembre 2014

Cultura a #Bologna 9 – L'Europa Cinema e il Kinodromo

A Bologna i cinema non mancano. Ma l'Europa Cinema ha un che di speciale. È una sala storica che ha rischiato di chiudere i battenti, trovandosi per di più in una zona considerata a rischio di degrado urbano. Senonché un gruppo di Cineasti Arcobaleno ha puntato i piedi e attivato la propria intraprendenza: nel 2012 si è costituito nell'associazione culturale Kinodromo che ha salvato l'Europa Cinema.

Non cercate radici etimologiche scientifiche per il nome dell'associazione: fallireste. Vi basti notare l'eco di sonorità e grafemi che rimandano al mondo tedesco. Soprattutto, affidatevi a un'etimologia fantastica. “Kinodromo” starebbe per “il cinema che corre selvaggio”.

martedì 16 settembre 2014

Docufilm - “The Look of Silence” di Joshua Oppenheimer

The Look of Silence di Joshua Oppenheimer, vincitore del Gran Premio della Giuria alla 71a Mostra del Cinema di Venezia, è molto più che un mero documentario di denuncia. Il regista statunitense punta di nuovo lo sguardo sull'Indonesia protagonista del suo precedente e pluripremiato The Act of Killing, in cui i responsabili degli eccidi perpetrati sotto il regime di Suharto erano arruolati come interpreti di uno spettacolo grottesco: la rappresentazione delle stragi di cui erano stati responsabili e in cui erano chiamati a giocare sia il ruolo dei carnefici sia quello delle vittime. The Act of Killing era il risultato di un lavoro costato cinque anni di riprese (dal 2005 al 2010) e che ha convinto tanto il pubblico quanto la critica.

 Con The Look of Silence Oppenheimer torna agli anni bui delle assassini di massa avvenuti nel 1965 in un'Indonesia controllata dagli U.S.A. «Dovrebbero regalarci un viaggio in America», dice uno dei “soldati del popolo” manovrato dall'abile e sperimentata propaganda americana, che ha trasformato gli oppositori del regime in “comunisti”, quindi in uomini da eliminare perché non credono in Dio e perché usi a costumi indegni come quello di scambiarsi le mogli (variante asiatica del mito occidentale del comunista mangiatore di bambini).

Non pensate che The Look od Silence sia un sequel di The Act of Killing, benché lo presupponga. Il protagonista Adi è un giovane indonesiano che svolge la professione di optometrista. Vuole aiutare le persone a vedere meglio. Professione palesemente metaforica, la sua, soprattutto dal momento che suo fratello Ramli è tra i trucidati nella strage dello Snake River (si uccideva a colpi di accetta o machete, modello catena di montaggio; nel caso del duro a morire Ramli, il colpo fatale fu il taglio del pene, seguito dall'annegamento nel fiume) e che sua madre attende una vendetta che dovrà prima o poi consumarsi, mentre accudisce un marito demente e cieco, ridotto pelle e ossa, che – completamente perduto in sé stesso (casuale quanto fortunata metafora: perso in una vita e in una storia che non riconosce più) – pensa di avere 16 o 17 anni. «Apri gli occhi, papà», lo invita Adi. «Vedo molto poco... Mi sembra di vedere della luce.» Ma è solo un momento. Al suo ultimo apparente risveglio, mentre si sposta restando seduto con le gambette smilze come un bimbo senza madre né padre, le sue parole sono: «Dove sono? Sono a casa di qualcun altro. Come ci sono arrivato? Sono a casa di un estraneo. Mi picchierà».

sabato 13 settembre 2014

“L'ultima madre” di Giovanni Greco

L'ultima madre di Giovanni Greco è una madre di Plaza De Mayo, anzi è tutte le madri e le abuelas di Plaza de Mayo, metaforicamente e perché nel suo ritratto credo confluiscano le emozioni, le esperienze e le riflessioni delle donne che l'autore ha incontrato nel corso dei suoi viaggi di ricerca a Buenos Aires.

Lo scrittore è già noto al pubblico per Malacrianza (Nutrimenti, 2012), vincitore del Premio Calvino e finalista allo Strega e al Viareggio. Forse non tutti sanno che è anche traduttore e, prima ancora, autore e regista teatrale. Proprio in quest'ultima veste ha portato sulle scene lo spettacolo che ha poi trasformato nell'Ultima madre, uscito quest'anno per Nutrimenti-Feltrinelli.

venerdì 12 settembre 2014

Docufilm - "La pazza della porta accanto. Conversazione con Alda Merini" di Antonietta De Lillo


Alda Merini si è definita La pazza della porta accanto nel volume in prosa pubblicato per la prima volta da Bompiani nel 1995. Antonietta De Lillo ha scelto lo stesso titolo per la sua conversazione con la poetessa dei Navigli, che nel documentario del 2013, prodotto da Marechiarofilm in collaborazione con Rai Cinema, racconta di sé, del suo mondo poetico e dell'arte.

Il videoritratto, realizzato grazie all'elettronica digitale con la tecnica del found footage, è un misurato e intenso sguardo, intimo e rispettoso insieme, dell'autrice nota tanto per testi quali Vuoto d'amore quanto per la sua personalità libera e eccentrica e per la sua ricca e sofferta biografia.

Ma è il mondo artistico di Alda Merini, seppure intrecciato in modo inestricabile alle sue vicende private, al centro del film della regista napoletana. È Alda Merini a parlare. È solo la sua voce che ascoltiamo, in un dialogo trasformato in un monologo concentrato, il cui montaggio è una delle testimonianze più evidenti della maturità di Antonietta De Lillo. Il risultato? Un film che calamita e catalizza intelligenza ed emozioni, ammirazione ed empatia.