sabato 26 aprile 2014

Bologna da (ri-)scoprire - anteprima

Voglio portarvi a conoscere qualcosa di Bologna. Qualcosa. Perché conoscerla tutta sarebbe impensabile. Questa è, comunque, solo un'anteprima.

Non so a voi, ma a me il nome di questa città ha sempre evocato qualcosa di mitico. Adesso che la sto scoprendo, ne sono affascinata. E di là da ogni mito. Se non vi sarà chiaro il motivo di questa affermazione alla fine di questa serie di post, sentitevi liberi di porre domande.

Bologna non è la città in cui sono nata. Dunque è stata per me tutta da scoprire, da un anno a questa parte. Volete percorrere insieme a me il viaggio in una città sconosciuta? Liberandovi da ogni pregiudizio? Seguitemi dunque!

Ricordo quando sono atterrata a Rimini su un aereo maldestro. Ho proseguito in treno fino alla Stazione Centrale della città, dove mi aspettavo di trovarmi di fronte la lapide con i nomi dei deceduti nella strage di Bologna del 2 agosto 1980.

Ero nella città ancora chiamata “rossa”. Che si sente ancora “rossa”, tanto è forte la sua tradizione.

Quanto a me, sapevo che tutto cambia. Sempre. Così non mi stupii quando tutti – dal tassista all'operatore culturale, dal docente ai turisti o studenti British/American di cui abbonda la città – mi hanno subito malinconicamente confessato che la Bologna di oggi non è più la Bologna di un tempo e che Bologna non è per nulla valorizzata dal punto di vista turistico.

A questo proposito, un consiglio per chi arrivasse a Bologna e volesse incontrare e confrontarsi con stranieri: a mia conoscenza, nei locali The Cluricaune di via Zamboni 18/b e all'Irish Times di via Paradiso 1/b sono previsti incontri almeno bisettimanali per interscambi linguistici. Chi ha da aggiungere qualcosa alla mia minima lista, sia il benvenuto!

Mi sono però trovata d'accordo sulla scarsa valorizzazione turistica della città.

Bisogna certo intendersi sulla parola “turismo”, ma ho imparato a comprendere le affermazioni di quei bolognesi nati in una città forse troppo ricca di un passato che si non vuole lasciare andare o “riconvertire”, non concedendo così molto al presente.

In ogni caso, io mi sono data alla scoperta. E di cose interessanti ne ho trovate. Tante. E di valore. Basta cercare, credo. Anche se il mio sguardo non bolognese ha probabilmente giovato.

Mi è stato anche detto che di cose a Bologna ne succedono tante, ma che non vengono pubblicizzate. Questo è sicuramente vero, se si leggono solo i quotidiani. Ma c'è il web, che dovrebbe aiutare. Sicuramente, ha aiutato me. E, anche grazie a lui, Bologna è diventata un'altra.

Se volete, potete dunque percorrere con me un viaggio (per niente concluso) alla scoperta di Bologna, dei suoi luoghi più istituzionalmente noti (non so poi quanto valorizzati o frequentati) e di quelli più speciali e nascosti, capaci di rendere viva una città. Potete seguirmi alla scoperta di certi quartieri che ormai si impongono all'identità bolognese. Insomma, se volete seguirmi in un viaggio privo di pregiudizi in una Bologna “marchiata a fuoco” da un passato che rischia di immobilizzarla, basta che vi poniate non come turisti, ma come esploratori culturali (nel senso più ampio del termine).

Chi vuole, dunque, mi segua lungo la prima strada che ho percorso, Via dell'Indipendenza, nota per i suoi negozi incorniciati da portici che incastellano, abbracciano e sembrano proteggere, più che ornare e definire, la città di Bologna. Portici capaci di offrire stupefacenti squarci a ogni giro di sguardo.

Arrivate con me nella famosa piazza Nettuno, adiacente a Piazza Maggiore. È chiamata “Nettuno” perché dominata dalla statua realizzata dal Giambologna che si erge su una fontana che non ho mai visto funzionare. Sarà stata sfortuna mia. Ma l'acqua c'è, nella vasca di marmo che ospita il “Gigante”. Soprattutto, sui gradini intorno a quella vasca d'acqua, ho visto sedersi tante persone delle più varie nazionalità. (Quanto alle curiosità maliziose sul nostro Nettuno, rimando alla vostra curiosità, oltre che al link più sopra.)


Palazzo Re Enzo
Intorno alle stupende piazze si affacciano il Palazzo Municipale, il Palazzo del Podestà,  la basilica di San Petronio (dal mio arrivo in fase di restauro, sicuramente legittimo) e il Palazzo di Re Enzo, in cui lo sfortunato Re di Sardegna, figlio di Federico II, consumò giorni infiniti, dopo la sconfitta subita nella battaglia di Fossalta (1249) contro i comuni guelfi.

Chissà se furono le sue mani a vergare, nei lunghi mesi di prigionia, i componimenti tradizionalmente tramandati come suoi e inclusi nella produzione della cosiddetta “Scuola siciliana” di cui fu ispiratore il padre?

S’eo trovasse Pietanza
d’incarnata figura,
merzé li chereria
ch’a lo meo male desse alleggiamento;
e ben faccio accordanza
infra la mente pura
ca pregar mi varria,
vedendo lo meo umìle agecchimento.
Che dico, oïmé lasso,
spero in trovar merzede?
Certo meo cor non crede,
ch’eo sono isventurato
plu d’omo innamorato:
so che per me Pietà verria crudele.


Piazza Nettuno
Fatto sta che, nella meraviglia di Piazza Nettuno e dell'adiacente Piazza Maggiore, secoli (dal 1200 al 1500 almeno) ci accolgono nella loro compostezza, su cui si affaccia quella i miei “iniziatori” alla cittadina bolognese hanno – e ne comprendo le ragioni – considerato un must imperdibile a chi sia minimamente interessato di cultura con la “c” maiuscola.

Mi riferisco alla Salaborsa, che in effetti imperdibile è. Ma ci sarà occasione di riparlarne...

Bologna è una città che, ho la sensazione, i bolognesi – lasciassero andare la loro nostalgia – potrebbero con grande soddisfazione riscoprire. Anche se questo costasse a volte leggere in Salaborsa accompagnati dal bordone del russante senzatetto che, nella sua comodissima poltrona, trova un po' di ristoro. E al caldo, che, d'inverno, per lui è un vero lusso.

Perché anche questa è Bologna. E a me questa Bologna, un po' incerta del suo futuro ma ancora – nonostante tutto – accogliente, piace molto.

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