Il
Museo
per la Memoria di Ustica
di Bologna celebra in questi giorni l'anniversario del 27 giugno
1980, quando il DC-9 Itavia I-TIGI precipitò nel mare intorno
all'isola siciliana.
Gli eventi che si terranno fino al 10 agosto nell'antistante Giardino
della Memoria sono un'ulteriore invito a visitare il Museo voluto
dall'Associazione
dei Parenti delle Vittime della Strage di Ustica,
nata per volontà di Daria Bonfietti.
Ne vale la pena già per il luogo
in cui è sorto il Museo, ricavato nelle ex-poste dei cavalli delle
Tranvie bolognesi, nel quartiere Bolognina. In via di Saliceto n. 3
inizia il sentiero che conduce all'edificio e in cui tuttora corrono
interrati i vecchi binari.
Fornito
di una sala video in cui si possono visionare filmati d'epoca o
spettacoli come I-TIGI
a Gibellina. Racconto per Ustica
di Marco Paolini,
il
fulcro del Museo è l'installazione permanente A
proposito di Ustica dell'artista
francese Christian Boltanski, un'esperienza multisensoriale di
fortissimo impatto
che nessuna immagine è in grado di farci presentire. Nella sala che
la ospita, la realtà è sospesa. I rottami del DC-9 recuperati nel
corso di quattro lunghi anni dai 3600 metri di profondità marina a
cui erano rimasti fino al 1988, sono tornati nella città da cui
l'aereo era decollato. Restaurati da Giovanni e Luigi Morigi, sono
stati osservati e studiati a lungo da Boltanski, che ha trasformato
la sala in un «luogo
sacro» che impone silenzio e pretende uno sguardo e un ascolto
assoluti.
L'I-TIGI, ricostruito col supporto di impalcature di ferro, ne occupa il centro. Percorriamo la passerella che circonda il relitto e non possiamo che fissarlo tra i sussurri e i bisbigli emessi dagli specchi neri appesi alle pareti. Neri come il fumo dell'esplosione; come l'oscurità da cui proviene l'assordante coro di voci flebili che evocano quelle perdute delle vittime; come il buio che tuttora avvolge la vicenda. Sono specchi in cui vediamo riflessa la nostra sagoma incerta, rispecchiandoci nelle vittime che tutti noi avremmo potuto essere, percependoci fantasmatici e sperduti nell'assenza di una verità definitiva.
Nel
1999 la magistratura dichiara che l'aereo è stato distrutto da un
missile. Nel 2008 riapre le indagini. Ma ciò che è accaduto è
ancora lontano dall'essere chiarito. Il 26 giugno scorso la Francia
ha deciso di togliere il segreto ai suoi archivi militari. Dunque si
procede, un passo alla volta. Per questo le
81 lampadine sospese sul relitto – 81 come le vittime della strage
– insistono a riaccendersi,
fuggendo al buio in cui subito ricadono. Sono come un respiro, che
vuole tornare in vita e ricordare, illuminando il DC-9 e rinnovando
lo strazio che è il prezzo da pagare per mantenere vive la memoria e
la voglia di giustizia.
Gli
oggetti personali delle vittime, invece, sono sottratti al voyeurismo
e protetti in nove casse rivestite di nero.
La loro lista è consultabile in un opuscolo che ne anche presenta le
foto volutamente piccole e sgranate.
Ho
la sensazione che il Museo per la Memoria di Ustica
sia troppo spesso dimenticato da chi visita Bologna. E non dovrebbe
esserlo, perché «la
memoria non è statica, non è una lapide che si deteriora e diventa
illeggibile»,
dice Daria Bonfietti, anche se – citando Boltanski – «gli
occhi sono come il cuore: non riescono a contenere una pena così
grande, altrimenti si spezzano».
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