venerdì 12 settembre 2014

Docufilm - "La pazza della porta accanto. Conversazione con Alda Merini" di Antonietta De Lillo


Alda Merini si è definita La pazza della porta accanto nel volume in prosa pubblicato per la prima volta da Bompiani nel 1995. Antonietta De Lillo ha scelto lo stesso titolo per la sua conversazione con la poetessa dei Navigli, che nel documentario del 2013, prodotto da Marechiarofilm in collaborazione con Rai Cinema, racconta di sé, del suo mondo poetico e dell'arte.

Il videoritratto, realizzato grazie all'elettronica digitale con la tecnica del found footage, è un misurato e intenso sguardo, intimo e rispettoso insieme, dell'autrice nota tanto per testi quali Vuoto d'amore quanto per la sua personalità libera e eccentrica e per la sua ricca e sofferta biografia.

Ma è il mondo artistico di Alda Merini, seppure intrecciato in modo inestricabile alle sue vicende private, al centro del film della regista napoletana. È Alda Merini a parlare. È solo la sua voce che ascoltiamo, in un dialogo trasformato in un monologo concentrato, il cui montaggio è una delle testimonianze più evidenti della maturità di Antonietta De Lillo. Il risultato? Un film che calamita e catalizza intelligenza ed emozioni, ammirazione ed empatia.

In realtà, si dovrebbe parlare di rimontaggio. Il materiale di La pazza della porta accanto. Conversazione con Alda Merini era, infatti, già stato utilizzato per la prova più sperimentale e avanguardistica del 1995, Ogni sedia ha il suo rumore. Proprio quell'anno la regista aveva trascorso due giorni con la poetessa, nella sua disordinata casa milanese, dalle 9 alle 18, in compagnia di una vecchia videocamera fissa alla stessa inquadratura (oltre a una seconda, per garantire quei dettagli e variazioni di prospettiva necessari in fase di montaggio).

In quel suo primo lavoro, Antonietta De Lillo accampava la sua personalità di regista e interprete creativa. Le parole della Merini erano intervallate dalle performance dell'attrice Licia Maglietta, che proprio allora portava sulle scene Delirio amoroso. Nella Pazza della porta accanto, niente più presenze altre o trasposizioni teatrali e barocche delle lacerazioni brucianti di un dolore buio e disperato, da urlare e di cui rappresentare la violenza tragica. Le invadenze ermeneutiche sono minime e discrete. Nel film del 2013 vi è equilibrio. Colei che guarda e ascolta, non ha più la necessità di esprimere sé (e la sua esuberante bravura e la sua bramosia di sperimentazione) o di esaltare la drammaticità di un'esistenza ferita con fuochi d'artificio visivi. La regista si fa sguardo discreto e intelligente. Si fonde col montato e col montaggio. Ed è il documentario finito a diventare una conversazione. Ne risulta un'incantevole giusta misura tra contatto e distanza, avvicinamento curioso e inconoscibilità ammirata, coinvolgimento intellettuale/emotivo e lontananza (inevitabile) rispetto all'artista le cui parole restano altro da qualsivoglia tentativo di trasporle visivamente.


La pazza della porta accanto è una conversazione con un'Alda Merini che è il focus e che focalizza. Fuma senza tregua, mentre dice che «il corpo è pensiero»; non a caso, tutti gli artisti hanno una predisposizione per il sesso, anche se non la sviluppano; che il peccato è «sempre nuovo» e «si paga, perché è eccedenza». E si paga anche la «debolezza» dell'amore: i 27 ricoveri in manicomio corrispondono a 26 amori finiti. Per la poetessa che non scriveva quando amava, «tante le cadute, tante le poesie». Cadute come la perdita delle figlie. Precipizi come l'incubo del manicomio, dove «l'hanno fatta morire»: lì regna il «dolore esterrefatto, che non piange». Scorre, in frantumi pieni disenso, la conversazione di quell'affabulatrice profonda e ironica, seria e disincantata, dissacrante e onesta che è Alda Merini, che sempre affascina e tocca nervi scoperti o delicati anche in chi non legga poesia.

Insomma, qui si sta parlando di una poetessa e di una regista che meritano entrambe attenzione. Ascoltare Alda Merini nutre e apre orizzonti. Guardare i lavori della regista napoletana significa (ri-)scoprire. Consiglio, anzi, di cercare entrambi i suoi lavori. È illuminante, sotto moltissimi aspetti, il confronto tra le due prove. A questo link, intanto, potete avere un rapido assaggio della Pazza della porta accanto. Conversazione con Alda Merini di Antonietta De Lillo.


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