Ho
la sensazione che con Il
colore è una variabile dell'infinito
(Baldini&Castoldi, 2014) Roberta
Torre
abbia voluto rimpossessarsi di una parte del proprio passato,
cercando di far combaciare i pezzi di un puzzle familiare dai
risvolti drammatici, ma a cui lei riesce a infondere colore e
leggerezza. L'autrice mi sembra aver intrapreso un viaggio emotivo in
un pagina gloriosa ma anche oscura della sua storia per elaborarla in
modo costruttivo e creativo. Quell'esplosiva creatività che la
caratterizza come regista e drammaturga di talento, ed evidente anche
a uno sguardo superficiale al suo brillante blog.
È dal 2011, del resto, che è in gestazione il lungometraggio Rose
e matematica di
cui Il colore è
una variabile dell'infinito non
è una sceneggiatura, ma un'elaborazione narrativa, forse necessaria.
Il libro è ispirato alla figura del nonno Pierluigi Torre, matematico geniale a cui la nipote dà voce in prima persona. È lui a raccontare per rapidi e poetici squarci la sua infanzia serena nella semplice famiglia di pescatori di Vieste, il piccolo comune sulle coste pugliesi dove il bambino giurerebbe di aver visto pesci volanti sorvolare le acque affascinandolo per sempre con l'incanto del loro movimento agile e veloce.
Il libro è ispirato alla figura del nonno Pierluigi Torre, matematico geniale a cui la nipote dà voce in prima persona. È lui a raccontare per rapidi e poetici squarci la sua infanzia serena nella semplice famiglia di pescatori di Vieste, il piccolo comune sulle coste pugliesi dove il bambino giurerebbe di aver visto pesci volanti sorvolare le acque affascinandolo per sempre con l'incanto del loro movimento agile e veloce.
Pierluigi Torre |
Tra gli aspetti apprezzabili del libro di Roberta Torre (di là dall'interesse che può suscitare rispetto al lavoro della regista), spicca l'attenzione all'interiorità misteriosa e complessa di una mente sempre più ossessionata da calcoli matematici che la mano disegna su fogli, in una vasca piena d'acqua o nell'aria. Nella vita di un Torre incapace di comunicare i propri sentimenti, ne trova spazio uno: non l'amore per i figli (in sostanza ignorati), ma per la moglie Albertina, morta prematuramente a 54 anni, lasciandolo solo con formule matematiche che si riproducono nella sua mente con ossessione maniacale fino allo sprofondamento in un'inguaribile follia paranoica.
Roberta Torre ripercorre con passo leggero le tappe di un'esistenza che lei stessa sembra voler conoscere e comprendere. Non sorvola su momenti difficili della nostra storia: ci sono Italo Balbo, la riconversione del settore industriale nonché degli ex-fascisti nel dopoguerra, gli inizi della delocalizzazione industriale, il '68 (intenso l'episodio che vede Pierluigi, in veste di docente universitario, insultato dagli studenti perché “fascista”).
Tuttavia, il fascino del Colore è una variabile dell'infinito risiede nella rivisitazione che la regista e scrittrice ce ne propone. Sembra che si sia avvicinata in punta di piedi a quel nonno tanto strano che aveva visitato in ospedale, quando già era perso nel suo mondo. Sembra che abbia timidamente picchiettato le dita sulla spalla di quell'uomo indecifrabile per chiedergli, in un sussurro, di parlargli di lui.
Il colore è una variabile dell'infinito è un racconto che risuona, in ogni rigo, del bisogno di un'intimità e di una ricerca di senso privata. Chi fu il Torre che mantenne sempre lontano da sé il primogenito, padre di Roberta, non riuscendo mai a scalfire il muro di silenzio che li separava? Come funzionava la mente di un uomo geniale convinto che anche «Dio si può racchiudere in una formula numerica non più lunga di due centimetri» e che persino il colore possa essere riprodotto per via di formule, dato che l'universo è scritto in linguaggio matematico?
I brevi capitoli, tanto conclusi da poter costituire racconti a sé stante, sono il frutto di un'indagine personale volta a cercare di rispondere vitalmente a queste domande. La lettura è piacevolissima grazie a una prosa semplice e scorrevole, in cui stupiscono alcuni salti metaforici, benché a volte si senta mancare quel po' d'approfondimento narrativo e psicologico che avremmo desiderato, ad esempio nelle pagine dedicate alla trasvolata.
Roberta Torre |
La regista Roberta Torre dirige: sceglie inquadrature, zoomate e montaggio. È la voce di Roberta Torre che ascoltiamo. È la sua voce che filtra, in forza di una creatività di stampo registico che non accetta di rimanere all'angolo, le parole di un nonno ingombrante, problematico e sfuggente. È che Roberta Torre, anche se sente il bisogno di scrivere, è soprattutto una regista dal potente sguardo soggettivo. E proprio in questo suo sguardo risiede l'interesse del Colore è una variabile dell'infinito.
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