Potreste
aver già visto Lamemoria degli ultimi
di
Samuele Rossi, presentato in concorso al Bif&st
lo scorso 8 aprile,
dato che ha
viaggiato in varie sale, dal Sud al Nord, sulla scia ideale della
Resistenza storica, approdando a Milano il 25 aprile.
Se così non fosse, correte a cercarlo.
Prodotto da Echivisivi in collaborazione con Emblema Production e distribuito da Berta Film, nonostante
certe evidenti ingenuità, il
film colpisce per il suo essere
un viaggio emotivo e morale (prima che storico e fisico) e per la sua
diversità rispetto a
tanti documentari girati su quanto accaduto in Italia dopo l'8
settembre 1943.
Non c'è nessun trito e ritrito intento didascalico o nostalgico o eroicizzante. Nella Memoria degli ultimi Samuele Rossi incontra uomini e donne nella loro intimità discreta e riservata. Ecco il salto di qualità. Uomini e donne che parlano di sé, non della loro concreta azione nella Resistenza, appena evocata mentre ripercorrono ricordi ed emozioni, nel caldo protetto delle loro case o nel viaggio in macchina col regista verso i luoghi dove sono cresciuti o che li hanno visti combattere.
Non c'è nessun trito e ritrito intento didascalico o nostalgico o eroicizzante. Nella Memoria degli ultimi Samuele Rossi incontra uomini e donne nella loro intimità discreta e riservata. Ecco il salto di qualità. Uomini e donne che parlano di sé, non della loro concreta azione nella Resistenza, appena evocata mentre ripercorrono ricordi ed emozioni, nel caldo protetto delle loro case o nel viaggio in macchina col regista verso i luoghi dove sono cresciuti o che li hanno visti combattere.
Con
un'umiltà che stupisce e commuove, quegli uomini e quelle donne ci
raccontano perché hanno imbracciato le armi:
non per ideali astratti, ma perché
spinti
da motivazioni profonde (in primo luogo l'indignazione di fronte alle
ingiustizie cui assistevano); spesso da ferite.
Così è accaduto alla nipotedi Matteotti, il cui primo amore rimarrà «con le foglioline verdi» per la sua morte prematura in guerra; o a chi ha assistito alle sofferenze inflitte al padre, obbligato a trangugiare olio lubrificante bruciato.
Il giovane regista toscano, presente a Bologna in occasione della proiezione del film – evento speciale del Biografilm Festival –, ci ha raccontato come si è sviluppato il suo progetto. Aveva iniziato raccogliendo interviste su interviste, che lo avrebbero portato a girare l'ennesimo documentario storico. Il che, si rese conto, non era nelle sue intenzioni. E cambiò rotta: selezionò gli incontri che più lo avevano toccato. Dopo un anno di montaggio, nasce La memoria degli ultimi. Un documentario “moderno” e nuovo, che serve oggi proprio in forza del suo sguardo fresco e umano. Semmai, presuppone la conoscenza dell'universo complesso della Resistenza italiana e della storia del nostro dopoguerra. O può invitare a conoscerlo. Benché non sia necessario per apprezzare il film e coglierne il messaggio.
Gli
“ultimi” sono tali perché nati tra il 1920 e il 1927, quindi tra
gli ultimi a poter raccontare, oltre che gli ultimi ad aver ottenuto
riconoscimenti da parte del nostro Paese
per
il loro contributo a quella che Giuliano Ferrara, le cui parole
Samuele Rossi ci impone di ascoltare a inizio film, definisce una
“bestemmia”. Sappiamo
che senza l'intervento alleato, la Resistenza avrebbe, con ogni
probabilità, fallito. Conosciamo anche le ricerche di un
revisionismo storico ancora lontano dall'essere pienamente divulgato.
Ma
rimane che i nostri “ultimi” non sono per nulla tali. Nel 1943
(se non prima) compirono una scelta che poteva costare la vita, e non
per ambizione o amore per il rischio:
dalle
loro esperienze dirette avevano maturato valori forti.
Da qui il confronto con un presente immerso in una nebbia che al regista sembra aver ingoiato la memoria storica, e con un'Italia che, a livello istituzionale, pare non aver assunto il valore della libertà per cui
i Resistenti combatterono. Data la particolare situazione storico-politica ante- e post-bellica del nostro Paese, non so quanto ciò sarebbe stato possibile. Ma resta il forte e valido richiamo a una morale e a un'etica forti, a quel «stare con la schiena dritta» di cui parla la nipote di Matteotti. Gli ex-partigiani intervistati da Samuele Rossi hanno mantenuto ben dritta la loro, anche quando non ottennero un lavoro perché “sono pericolosi... hanno imbracciato mitragliatrici... ci scatenano scioperi a non finire”.
Samuele
Rossi è insomma riuscito, con delicatezza e rispetto, a entrare in
contatto con “ultimi” molto “speciali”, a far loro
ripercorrere ferite non del tutto rimarginate in un presente così
diverso da quello sperato. Non
è un documentario storico. È un documentario civile, e proprio perché attraversa un'umanità comune. E per questo si fa politico.
C'è
chi ha definito La
memoria degli ultimi
un documentario «crepuscolare», ha ricordato Samuele Rossi. Io lo
trovo giovane e “aurorale”. Non credo ci sai bisogno di commemorare retoricamente la Resistenza, quanto di riscoprirla, nella sua distanza, per quanto può insegnarci oggi.
Penso soprattutto alle nuove generazioni e a certa società civile.
In quei partigiani, che il regista avvicina a noi invece di
distanziarli in una prospettiva leggendaria, noi tutti potremmo,
umanamente, trovare consonanze. Dato l'argomento trattato, non è
cosa da poco.
(già, con varianti, qui: http://www.sulromanzo.it/video/docufilm-la-memoria-degli-ultimi-di-samuele-rossi)
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