Quaderni gitani è una trilogia di documentari diretti dal regista italo-canadese Giovanni Princigalli e dedicati ai Rom rumeni di Bari.
Rumeni: perché i Rom possono provenire anche dall'ex-Yugoslavia, ad
esempio. Di Bari, per le origini del regista e per le istituzioni
coinvolte, in primis la locale Università degli Studi. E Bari anche perché il primo film, Iapigia Gagi,
risale al 2003, ossia a due anni dallo sgombero forzato della comunità
Rom di Iapigia, il quartiere del capoluogo in cui trovava l'unico campo
abusivo.
Occhi aperti su letteratura e non solo...
venerdì 9 gennaio 2015
mercoledì 10 dicembre 2014
Docufilm - “Concerning violence” di Göran Hugo Olsson
Concerning
violence è un viaggio nel
mondo della colonizzazione dal punto di vista di un colonizzato,
secondo la studiosa Gayatri Chakravorty Spivak.
È lei a presentare un film crudo, prezioso (per le interviste e le
immagini d'archivio) e violentissimo, benché non vi sia quasi
traccia di immagini cruente.
Coproduzione
internazionale diretta da Göran Hugo
Olsson, il
documentario ripercorre le fasi della colonizzazione europea in
Africa
(dal Burkina Faso al Mozambico, dalla Rhodesia all'Angola). Si
attraversano, così, le tappe della conquista, dell'insediamento dei
coloni (accompagnato da operazioni di varia “civilizzazione” e
indottrinamento) e dello sfruttamento neocolonialista che non uccide
più (non conviene: serve manodopera). In parallelo, si assiste alla
cancellazione delle identità
culturali locali. Ma la conclusione
è costruttiva. L'Africa che ha perduto sé stessa, per costruirsi
una nuova identità deve attingere a modelli non europei. Serve,
insomma, «un nuovo essere umano», che Olsson ci permette di
intravedere in embrione.
sabato 1 novembre 2014
Docufilm - “Point and shoot” di Marshall Curry
Point
and shoot.
“Prendi la mira e spara”, ma anche “punta l'obiettivo e filma”.
Il titolo del documentario di Marshall
Curry,
presentato in anteprima italiana nella rassegna
Mondovisioni all'ultimo Festival di Internazionale,
è volutamente ambiguo.
Oggi vi parlo, in effetti, di un
film dai molteplici livelli di lettura che si intrecciano in modo
efficace tra loro al limite della cerebralità.
Si tratta, insomma, di un'opera raffinata. Non sorprende che abbia
vinto il Tribeca Film Festival e che abbia ricevuto il Premio
Speciale della Giuria al Little Rock Film Festival e all'Independent
Film Festival Boston.
Partiamo dal livello più semplice, che intreccia biografia e reportage politico. Point and shoot racconta la storia del nerd Matt VanDyke, 27 anni all'epoca delle riprese e originario di Baltimora, U.S.A. Lo vediamo, nelle prime inquadrature, presentare il suo equipaggiamento: due coltelli, giubbotto antiproiettile, casco fornito di videocamera. Si scopre poi, dalla sua intervista a Curry, che è stato un bambino viziato (figlio unico di un figlio unico di un figlio unico), che è sempre stato molto solitario e che è affetto da un DOC (disturbo ossessivo-compulsivo). Le manifestazioni spaziano da fobie lievi come l'ossessione per la pulizia al terrore di far male per sbaglio. Guidando la macchina, per esempio, Matt si trova costretto a fermarsi: ha la sensazione di aver investito qualcuno.
Partiamo dal livello più semplice, che intreccia biografia e reportage politico. Point and shoot racconta la storia del nerd Matt VanDyke, 27 anni all'epoca delle riprese e originario di Baltimora, U.S.A. Lo vediamo, nelle prime inquadrature, presentare il suo equipaggiamento: due coltelli, giubbotto antiproiettile, casco fornito di videocamera. Si scopre poi, dalla sua intervista a Curry, che è stato un bambino viziato (figlio unico di un figlio unico di un figlio unico), che è sempre stato molto solitario e che è affetto da un DOC (disturbo ossessivo-compulsivo). Le manifestazioni spaziano da fobie lievi come l'ossessione per la pulizia al terrore di far male per sbaglio. Guidando la macchina, per esempio, Matt si trova costretto a fermarsi: ha la sensazione di aver investito qualcuno.
venerdì 17 ottobre 2014
Cultura a #Bologna 11 – Il Centro Amilcar Cabral
Oggi vi racconto del Centro Amilcar Cabral di Bologna, centro di ricerca e biblioteca di altissimo valore non solo per il capoluogo emiliano-romagnolo. Il suo nome deriva dal Cabral che fu tra i principali artefici dell'indipendenza della Guinea-Bissau e ideologo del processo di decolonizzazione africana.
Nato nel 1974 per volontà del Comune di Bologna, il Centro Amilcar Cabral si dedica alla ricerca sulle grandi problematiche contemporanee che coinvolgono Asia, Africa e America Latina, ma la sua attenzione è rivolta anche al mondo della cooperazione internazionale, dei diritti umani e della storia dell'incontro tra Oriente e Occidente.
Docufilm - "La guerra contra las mujeres" di Hernán Zin
La guerra contra las mujeres di Hernán Zin, vincitore come miglior produzione internazionale al Terradituttifilmfestival, denuncia lo stupro come tattica di guerra. È un documentario forte, costato al regista tre anni di riprese nei 10 Paesi in cui ha incontrato le donne protagoniste del film. Attraverso i loro sguardi, i loro corpi, le loro voci, prende così vita un panorama agghiacciante.
Già lo sono i dati statistici forniti. In Bosnia, tra il 1992 e il 1995, sono state 40 000 le donne violate. In Congo, tra il 1999 e il 2013, 200 000 donne hanno subito uno stupro di guerra. Tra il 1985 e il 2006, l’Uganda ha visto 4000 bambine sequestrate e violentate. Nel solo 1994 in Ruanda si contano tra le 250 000 e le 500 000 donne oggetto di violenza.
Dietro questi numeri ci sono anime, e voci e corpi che emergono dal buio, scagliati come pietre contro la nostra coscienza distratta o offuscata. Voci e corpi come quelli di Leila a cui viene chiesto: "Parla di quello che ti fa male". Fa parte della cura: il silenzio uccide quello che già non è morto.
venerdì 10 ottobre 2014
Docufilm - “Alphabet” di Erwin Wagenhofer
Come
crescere i nostri figli? Quale scuola progettare per loro?
Alphabet di
Erwin Wagenhofer ci invita a riflettere bene prima di rispondere a
queste domande. Si tratta
dell'ultimo documentario
di una trilogia iniziata con We feed
the world del 2005 (dura critica nei
confronti dell'industria alimentare) e proseguita con Let's
make money del
2008 (sul mondo della finanza).
Intenzionato a girare un film sull'educazione, il regista ha incontrato il liutaio, compositore e giornalista André Stern, che di sé dice: «Sono un bambino di 43 anni». La sua esperienza è raccontata nel libro autobiografico Non sono mai andato a scuola (Nutrimenti, 2014). Consapevole di aver vissuto un'infanzia eccezionale, afferma che essa è stata, in realtà, «la più naturale del mondo». La sua educazione si è basata sui metodi del padre Arno Stern, educatore tedesco che ha aperto a Parigi nel 1949 il Coslieu, un atelier di pittura per bambini in cui svolgeva il ruolo non di insegnante, bensì di “assistente alla pittura” (professione inventata da lui). Studioso del fenomeno della “formulazione”, ha sviluppato metodi di “educazione creatrice” condivisi dalla moglie, che ha, infatti, deciso di abbandonare il suo lavoro di insegnante nelle scuole.
Ora André Stern è anche direttore dell'iniziativa Männer für morgen [Uomini per domani] per volontà del professor Gerald Hüther, ricercatore di neurobiologia avanzata. Il suo obiettivo non è criticare a priori l'istituzione "scuola", bensì divulgare la propria esperienza e contribuire a una riconsiderazione del concetto di "educazione" col supporto di argomentazioni scientifiche. Citando le sue parole, «il mio lavoro è recuperare la fiducia nel bambino», che non nasce stupido o intelligente né tale rimane tutta la vita.
Intenzionato a girare un film sull'educazione, il regista ha incontrato il liutaio, compositore e giornalista André Stern, che di sé dice: «Sono un bambino di 43 anni». La sua esperienza è raccontata nel libro autobiografico Non sono mai andato a scuola (Nutrimenti, 2014). Consapevole di aver vissuto un'infanzia eccezionale, afferma che essa è stata, in realtà, «la più naturale del mondo». La sua educazione si è basata sui metodi del padre Arno Stern, educatore tedesco che ha aperto a Parigi nel 1949 il Coslieu, un atelier di pittura per bambini in cui svolgeva il ruolo non di insegnante, bensì di “assistente alla pittura” (professione inventata da lui). Studioso del fenomeno della “formulazione”, ha sviluppato metodi di “educazione creatrice” condivisi dalla moglie, che ha, infatti, deciso di abbandonare il suo lavoro di insegnante nelle scuole.
Ora André Stern è anche direttore dell'iniziativa Männer für morgen [Uomini per domani] per volontà del professor Gerald Hüther, ricercatore di neurobiologia avanzata. Il suo obiettivo non è criticare a priori l'istituzione "scuola", bensì divulgare la propria esperienza e contribuire a una riconsiderazione del concetto di "educazione" col supporto di argomentazioni scientifiche. Citando le sue parole, «il mio lavoro è recuperare la fiducia nel bambino», che non nasce stupido o intelligente né tale rimane tutta la vita.
domenica 5 ottobre 2014
Cultura a #Bologna 10 – La Casa di Khaoula
A
Bologna esiste una piccola biblioteca molto speciale: La
Casa di Khaoula.
Non è né la Salaborsa
né l'Archiginnasio:
il suo scopo è educare
all'interculturalità.
Purtroppo, molti cittadini non la conoscono, anche perché è situata
nel Quartiere
Navile,
circondata quasi dal nulla. Insomma, non è in pieno centro. È
invece vicinissima al Quartiere
Bolognina,
oggi zona ad alto tasso di immigrazione.
La
biblioteca prende il nome da una bambina marocchina di 10 anni.
Accadde che Khaoula si
trasferisse alla Bolognina con la famiglia, dove, però, non riusciva
a trovare luoghi in cui studiare. Chiese allora al Quartiere Navile
se lì per caso vi fossero spazi disponibili. La sua richiesta non si
perse nel vuoto: col tempo, fu presa la decisione di creare una sala
di lettura per bambini nel parco dell'Ippodromo Arcoveggio.
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